Riscoprire le regole per vivere in una società in cui tutti siamo liberi allo stesso modo

 

Siamo in vacanza. Un bel campeggio, perfettamente inserito nel paesaggio marino di dune e macchia mediterranea, modello di rispetto per la natura, la cui filosofia vede il campeggiatore come ospite della stessa e non come invasore.

In un pomeriggio di relax e di giochi con i bambini, scorgiamo tre adolescenti che con sprezzo disarmante gettano tra la preziosa vegetazione dei sacchetti di spazzatura, peraltro a pochi metri da un’area ecologica appositamente predisposta.

Li cogliamo sul fatto, ma nonostante ciò negano spudoratamente l’evidenza. Dopo varie insistenze ammettono l’azione compiuta, ma sminuiscono la gravità dell’atto commesso e chiedono di non parlarne ai loro genitori. E invece proprio a loro andiamo diretti, perché è su di loro che ricade la responsabilità di un simile gesto e, più in generale, grava l’onere del processo educativo. Già, perché l’educazione è un processo, un percorso lento e progressivo, in salita, pieno di ostacoli e pericoli e richiede un costante impegno soprattutto attraverso il buon esempio.

Noi genitori siamo il principale modello per il bambino, la sua sicurezza, la sua gioia, per cui preciso nostro compito è di essere all’altezza di tali aspettative, svolgendo il nostro ruolo educativo in modo autorevole, cioè attraverso il buon esempio e la coerenza, e non autoritario, tenendo sempre presente che le abitudini degli anni dell’infanzia restano per la vita.

Nell’età scolare entrano in gioco le insegnanti, che si occupano dell’istruzione e dell’educazione dei bambini, affinché crescano futuri cittadini rispettosi delle regole e responsabili, ma l’educazione, nel senso più profondo, resta responsabilità sempre della mamma e del papà. Un compito meraviglioso, delicato e terribile al tempo stesso: significa fare dei propri figli ragazzi sereni ed equilibrati. Ecco che quindi deve nascere una sinergia tra famiglia e scuola, i due assi portanti della formazione. Per questi due pilastri deve essere chiaro il progetto di vita sui bambini: essere inseriti nella società di oggi sapendo accogliere gli atteggiamenti rispettosi delle regole e opponendosi ai cattivi esempi. La società si cambia partendo dalle piccole cose, rifiutando prepotenze ed ingiustizie. Il rispetto va rivolto prima di tutto alle persone, ma non va trascurato nemmeno il decoro, la pulizia, l’igiene del quartiere e della città, che siamo chiamati a difendere con tenacia, orgoglio e passione.

Ma come mai se ci guardiamo intorno soprattutto nel nostro paese, sembra che sia fortemente carente il senso civico, e che la tendenza a non rispettare le regole del vivere insieme sia profondamente radicata? L’egoismo, il narcisismo e la ricerca del personale e immediato vantaggio porta ad assumere atteggiamenti irrispettosi nei confronti degli altri e dell’ambiente, spesso auto giustificato dall’idea che “tanto lo fanno tutti” oppure dalla superficialità racchiusa nella frase “cosa vuoi che sia”.

La responsabilità di tutti al rispetto delle regole e la buona educazione non consistono soltanto nel comportarsi bene, ma anche nel fare in modo che gli altri facciano altrettanto: anche ciò va insegnato ai bambini. Questo aspetto è poco popolare da noi (“Ma di che t’impicci? Lascia perdere, vivi e lascia vivere..”). Tale modo di agire e di pensare ha anche creato una sorta di assuefazione ai piccoli, ma anche grandi abusi. Una delle cause di questa situazione è che nel nostro paese non c’è un sistema punitivo incisivo ed adeguato. Qualsiasi forma di educazione è fatta di premi e punizioni, per cui la loro mancanza lascia libero spazio a comportamenti irrispettosi che danneggiano la collettività. Gli psicologi affermano che si ottiene di più con i premi che con le punizioni, il che è certamente vero, ma tra gli uomini, di premi per un buon comportamento, anche da parte dello Stato, se ne vedono ben pochi, mentre le punizioni tendono ad essere attenuate un po’ in tutti gli ambienti, a partire dalla famiglia.

Così il vantaggio nel commettere un illecito sembra essere maggiore dell’eventuale punizione che forse non arriverà mai, o comunque sarà attenuata da sconti, condoni, prescrizioni. La mancanza di un efficace sistema di premi e punizioni ha provocato anche lo sviluppo di un apparato burocratico molto complesso e farraginoso che favorisce la tentazione per così dire a “saltare la fila” in modo illecito, creando così un terreno fertile per la corruzione.

Ecco allora che, laddove la società sembra permettere tutto, con una scarsissima assegnazione dei giusti meriti a chi si comporta seguendo quei valori che dovrebbero far parte del patrimonio della collettività, la cellula famiglia (genitori) incontra molte difficoltà nella formazione dei ragazzi di oggi e soprattutto delle donne e degli uomini di domani.

Ma non esiste una scuola per i genitori che insegni loro ad essere bravi educatori, ognuno spesso si aggiusta come può. I genitori di oggi, spesso, sono soli. E’ per questo che una delle cose migliori che possono fare è allearsi tra loro, ma parlandosi, impegnandosi in comitati, associazioni, nel sociale, nel campo religioso o anche solo guardandosi in faccia, evitando di ricorrere a quelle chat dove si sfogano le ansie e le frustrazioni di tutti.

Sulle nuove possibilità messe a disposizione da questa nuova era digitale si apre infatti un altro capitolo fondamentale: molti di noi mamme e papà sempre di corsa, fanno fatica a stare al passo con i nuovi scenari telematici, vedi chat e gruppi di whatsapp dei propri figli ad esempio (ricordiamo che per legge solo dai 13 anni in poi ne sarebbe consentito l’uso), non riescono nel controllo e via via si va perdendo l’attenzione dei figli e la centralità di quel nucleo su cui tutto dovrebbe girare chiamato famiglia. Pensiamo che ci dovrebbe essere più attenzione su questo tema così importante, chi ha figli in età pre-adolescenziale prova sulla propria pelle cosa vuol dire fare i conti con questa sbornia digitale che sta investendo generazioni tanto giovani quanto impreparate nel gestire strumenti che, andrebbero forniti solo dopo averne spiegato con contezza e competenza, rischi e possibilità.

Sul fronte della scuola, il secondo pilastro della buona educazione, le problematiche non mancano, infatti:

– le tante riforme ed i relativi tagli economici che si sono succeduti e che hanno investito la Scuola Pubblica hanno aggravato la situazione: l’insegnamento delle norme costituzionali, dei principi di convivenza civile è sparito del tutto. Siamo arrivati alla materia “cittadinanza e costituzione” senza un orario assegnato, affidata alla sensibilità dell’insegnante, mentre dovrebbe essere prevista anche un’ora di Educazione Digitale, come in molte altre parti del mondo più civilizzato;

– la scuola poi tende a non bocciare più nessuno, un concetto importante quale la meritocrazia, in cui chi s’impegna ha maggior ragione di raggiungere, non solo risultati, ma prospettive migliori, si risolve in un egualitarismo al ribasso, dannoso proprio per i figli delle classi meno abbienti.

Eppure in un momento in cui la discussione su diritti e doveri dei nuovi arrivati è così forte, in cui è diventato centrale il tema di quali sono i principi e i percorsi per diventare italiani, sarebbe importante che anche i nostri ragazzi possano studiare a scuola di cosa stiamo parlando. La Costituzione sarà anche “la più bella del mondo”, ma è una bellezza che a quanto pare non vogliamo conoscere.

− gli antichi punti di riferimento (la religione, la politica, ormai persino la scienza) hanno perso la loro autorevolezza, sostituiti dal potere pervasivo, fintamente democratico e sommamente allettante dei social e della pubblicità; il mito dell’immediatezza, del “tutto e subito” ha fatto perdere la capacità di saper aspettare, saper rimandare la gratificazione, di sacrificarsi, rendendo i giovani fragili di fronte alle difficoltà, che comunque sono inevitabili.

Infine il narcisismo, il nemico più irriducibile, ha sostituito le regole della convivenza con gli stati d’animo, e i sentimenti con il sentimentalismo. I genitori che faticano a farsi obbedire dai figli, si limitano a corteggiarli, illudendosi di proteggerli dalle insidie del mondo, evitando loro anche la minima fatica e sconfitta.

Nonostante tutto, non si può rinunciare al ruolo di genitori, che è ciò di cui un figlio continua comunque e sempre ad avere bisogno, a patto che la smettano di fare la parte degli avvocati difensori o dei fratelli maggiori.

Per concludere, abbiamo avuto l’opportunità di leggere “Le regole raccontate ai bambini” di Gherardo Colombo (magistrato di mani pulite) e Marina Morpurgo (scrittrice per bambini): con parole facili e concetti semplici introduce i bambini e i loro genitori nel mondo del diritto e ci fa capire che solo rispettando le regole avremo una società in cui tutti siamo liberi allo stesso modo.

 

 

 

Disagio preadolescenziale (o di un progetto che ha nel futuro la sua possibilità)

Numeri

Quando si parla di autolesionismo si fa riferimento a tutti quei comportamenti di attacco intenzionale a parti del proprio corpo, tendenzialmente le braccia o le gambe.

Il 20% degli adolescenti italiani si fa intenzionalmente del male, in maniera nascosta, nel silenzio della propria stanza o del proprio bagno.

Generalmente i ragazzi usano lamette, oggetti appuntiti o taglienti per graffiarsi, tagliarsi e ferirsi in qualche modo oppure si bruciano con accendini o si colpiscono, sbattono i pugni o altre parti del corpo su pareti, muri o vetri.

Il cutting, ossia il tagliarsi, è la forma più frequente, soprattutto tra le ragazze.

Le Challenge o Sfide Social sono uno dei problemi del momento e racchiudono tutte quelle catene che nascono nei social network in cui si è nominati o chiamati a partecipare da altri attraverso un tag. Lo scopo in genere è di postare un video o un’immagine richiesta, per poi nominare altre persone a fare altrettanto, con il risultato di diffondersi a macchia d’olio nel Web, anche nell’arco di poche ore.

2 adolescenti su 10 hanno partecipato ad una catena social e il 50% ha avuto una nomination.

Circa 1 adolescente su 10 ha preso parte ad una catena alcolica, con la finalità in genere di bere ingenti quantità di alcool in pochissimo tempo, altri hanno fatto selfies mentre vomitavano o in condizioni prossime all’intossicazione alcolica.

A questi si aggiungono le modalità in cui il corpo e la magrezza hanno un ruolo centrale, a cui aderiscono circa 5 ragazze su 100, favorendo lo sviluppo di patologie nell’alimentazione. Le modalità più conosciute legate all’ispirazione deviata al magro sono l’arco tra le gambe (Thigh gap), il ponte nel costume da bagno sulla pancia (Bikini bridge), la fessura in pancia (Belly slot) e far girare il braccio dietro la schiena fino a toccarsi l’ombelico (Belly botton).

Nella fascia di età compresa tra gli 11 e i 13 anni, i dati più preoccupanti in assoluto sono due, quasi il 14% dichiara di metter in atto pratiche autolesive in maniera ripetitiva e sistematica (dato in aumento del 2,5% in un solo anno – 2016 su 2015 -) e l’età media in cui iniziano a farsi del male è pari a 12,8 anni.
I dati sono stati raccolti su un campione composto da circa 8.000 adolescenti sul territorio nazionale.

Fonte: Osservatorio Nazionale Adolescenza

 

Preadolescenti e disagio

Non vi è una definizione univoca della preadolescenza.

Le disposizioni del codice penale definiscono tutti coloro che non hanno raggiunto i quattordici anni “incapaci di intendere e di volere”. L’assunto è dunque che fino ai quattordici anni il sistema di valori è ancora incompleto, se non indeterminato, e le conseguenti capacità di compiere scelte consapevoli sono ampiamente ridotte.

Ma si tratta appunto di una definizione di legge. Per altri aspetti della loro vita i preadolescenti sono trattati come un gruppo di età ben definito ed assolutamente “capace di intendere e di volere” e tutte le evidenze della vita quotidiana portano a sostenere ciò. Sicuramente sono considerati dei consumatori con capacità decisionali nell’acquisto e nella fruizione di beni, addirittura i media considerano i preadolescenti una categoria distinta dalle altre, infatti i film, la musica, i libri, i fumetti a loro destinati, sono facilmente identificabili sul mercato.

Il messaggio che la società nel suo complesso trasmette a questa fascia di età è quindi fortemente contraddittorio. Da un lato vengono considerati alla pari dei bambini, cioè irresponsabili, immaturi, non ancora pronti per il mondo del lavoro, bisognosi di acquisire competenze e conoscenze indispensabili per entrare nella vita, dall’altro li si tratta in modo diverso da come viene trattata l’infanzia. Li si considera portatori di propri bisogni ed esigenze specifiche, si riconosce loro un certo grado di autonomia e di capacità decisionale, si costruiscono immagini e rappresentazioni del mondo destinate a loro.

I ragazzi che rientrano in questa fascia di età sono portati a cercare solidarietà e comprensione nella rete amicale. E’ in questa fase della vita che si cerca di costruire una propria identità e si tende a costruire un sentimento di appartenenza generazionale, basato sulla condivisione di una condizione comune e di un sentire in sintonia con i propri coetanei, distaccandosi dal mondo adulto e lentamente ed in parte, dalla propria famiglia di origine.

 

Famiglia

Negli ultimi decenni i rapporti interni alla famiglia si sono modificati, sono cambiati i modelli educativi come conseguenza di una sempre maggiore attenzione verso i ragazzi ed i giovani, si va così affermando lo schema della famiglia affettiva, caratterizzata da un atteggiamento iperprotettivo dei genitori nei confronti dei figli, con padri e madri disposti a concedere quasi tutto, in nome dell’affetto e della quiete.

Un figlio diventa il soggetto al quale sono destinate tutte le cure e le attenzioni, non si tratta più solo di allevare una prole, oggetto di un elevato investimento emotivo, ma anche di difenderla dal mondo esterno, dalle incomprensioni e dai pericoli che possono derivare dagli “altri”, ancorando di fatto i ragazzi all’interno dell’ambiente familiare. In definitiva una camera di compensazione della vita e dei suoi rovesci.

È in tal modo che il periodo delle scusanti, dell’irresponsabilità e della non punibilità si prolunga sempre più, andando ben oltre gli anni dell’adolescenza, assumendo così particolare rilievo nella formazione della personalità, proprio nella fase della preadolescenza.

La famiglia non è più il luogo nel quale si imparano le regole del vivere civile per poter “stare al mondo” in modo consapevole e responsabile, ma diventa, prevalentemente, il luogo degli affetti.
Un luogo nel quale si possono ritrovare a vivere due o più generazioni di adulti, destinandola così a svolgere la funzione di rete di sostegno reciproco.

 

Scuola

Con genitori diventati particolarmente protettivi nei confronti dei loro figli e che assumono spesso un atteggiamento giustificazionista di fronte alle loro mancanze, non esitando a prenderne le difese a prescindere, il ruolo della Scuola si è fatto oltremodo complicato.

Gli insegnanti, non a caso, denunciano spesso la difficoltà di rapporto proprio con le famiglie dei loro allievi; questa incomunicabilità non fa che accrescere il senso di estraneità dei ragazzi nei confronti della Scuola stessa, in un’età questa della pre-adolescenza, in cui prende forma la tendenza di costruirsi una personalità “altra” e separata da quella degli adulti, trovando tra i coetanei la fonte e l’approdo naturale per la propria identità in via di definizione.

Questa separazione, che nasce dall’incoerenza fra le finalità formative, educative e socializzatrici delle due istituzioni, è una frattura tra due mondi cruciali nella formazione di un preadolescente, e rende particolarmente complesso porre in essere, ex post, politiche educative efficaci.

E quanto più vi sarà uno scollamento tra Scuola e Famiglia da un lato, tanto più si potrà registrare un aumento del disagio tra i preadolescenti dall’altro.

La Scuola, pur con tutti i suoi limiti è, e resta, il luogo socialmente deputato ad affiancarsi proprio alla Famiglia per dare al soggetto il diritto alla partecipazione attiva alla società attraverso l’istruzione e la costruzione degli apprendimenti. Il luogo di relazioni significative con gli adulti e con la Cultura, attraverso cui si può influire sulle manifestazioni di disagio (lì proprio dove si notano maggiormente e si possono prevenire i primi fenomeni di devianza), con il fine ultimo di condurlo a trovare il suo posto, anche lavorativo, nel mondo.

E’ importante parlare anche di successo ed insuccesso scolastico, inteso come investimento o disinvestimento emotivo del soggetto alla partecipazione della vita scolastica. A ciò si lega, per la persona in crescita, la possibilità d’immaginarsi adulta.

L’insuccesso scolastico viene letto non solo come una perdita di speranza rispetto alle possibilità di apprendere, ma anche sotto la luce di poter diventare un elemento che toglie al ragazzo la speranza di poter trovare una dimensione costruttiva per l’esistenza, una situazione esistenziale dove l’immagine distorta è l’impossibilità di credere che la sua azione nel mondo possa essere positiva.

Il disagio, portato a Scuola, è lo specchio del disincanto di ritrovarsi a vivere passioni neutre (quando non neutralizzate) che dominano la società attuale e portano alla strutturazione di un’identità in cerca di emozioni declinate al presente in luogo di mancanza di futuro, così come avviene anche per gli adulti.

 

Conclusioni

Una delle caratteristiche proprie dell’adolescenza è quello di integrare gli aspetti cognitivi con quelli emozionali, aspetti che, se non risolti, sono alla base del disagio preadolescenziale e dell’insuccesso scolastico.

Ciò dona un nuovo significato al concetto di “apprendimento significativo” e lo lega all’identità del soggetto, portando una nuova luce sulla definizione e l’acquisizione delle competenze di una persona in formazione, costituendo di fatto un vincolo forte, per credere in un progetto che ha nel futuro la sua possibilità.